giovedì 18 novembre 2010

IL BUIO DENTRO CASA




Sono P.

Ho vissuto una adolescenza serena, dividendomi tra la scuola, amicizie e un fidanzatino che mi  riempiva di coccole e peluche.

Con il mio ragazzo ci volevamo tanto bene. Era ben voluto anche dai miei genitori, da mia sorella e mio fratello. Condivideva con me molte cose, era uno di casa.

Nonostante la nostra giovane età, progettavamo già del futuro, pensavamo ai nomi che avremmo dato ai nostri figli, alla casa che avremmo abitato. Ci raccontavamo dei nostri sogni, con gli occhi da ragazzi.

Un giorno, dopo due anni che stavamo insieme, ad una sua richiesta di avere rapporti sessuali, me ne andai completamente in crisi. Fu come una bastonata, un fulmine a ciel sereno, un imprevisto alla quale non avevo mai pensato prima di allora.

Alle sue parole, tremai, incominciando a respirare faticosamente, accasciandomi per terra. Lui ovviamante si stranì, ma subito dopo tentò di capire cosa mi stesse succedendo, perchè stessi reagendo così.

Quell'anno avevo oramai 19 anni, ma mai era capitato di discutere su un argomento del genere. Mai il mio uomo aveva provato a sfiorarmi, ad avere rapporti.  Aveva sempre pazientato, sotto implicito mio desiderio, pensando che non ero ancora pronta a certe cose. Ed ora che si faceva avanti, ed ora che provava ad abbattere quel muro, quel tabù, io crollavo completamente in un baratro di disperazione, confusione, disorientata e persa tra le lacrime.




Da quel giorno,  decisi di non vederlo mai più. Lui, innamorato più che mai, non demorse. Perseverò nell'instaurare un contatto con me, per telefono, intereagendo con i miei, chiedendo consigli alle mie amiche. Ma dopo mesi, esausto dal  mio silenzio, decise di abbandonarmi.

Quello stesso anno, partii per il Nord. E non tornai mai più a casa.

Oggi ho 34 anni. Sono passati 15 anni da quei giorni di buio, di angoscia e perdizione totale.

E quando mi penso come ero, vedo una ragazza sola,triste e calpestata, che non sapeva come affrontare un problema più grande di lei, abbandonata nel silenzio più atroce.

Arrivata a Nord, mi sono subito rivolta ad un ospedale. Volevo consigli, volevo essere indirizzata e guidata.

Trovai gente disposta ad aiutarmi. Mi affidarono subito ad una psicologa che mi portò per mano in una casa protetta, dove c'erano altre donne vittime di violenza.

Mi pulirono tutte quelle ferite che mi erano state inflitte, mi aiutarono a risalire a chi me le aveva provocate.

Era una lontana estate, calda e afosa come sempre. C'era mio zio, il fratello di mio padre, che veniva dal paese vicino a farci sempre visita. Era uno zio giovanile, allegro e scherzoso. E spesso la mamma ci lasciava da soli in casa, mentre faceva spesa fuori.

I miei ricordi sono sfocati, sbiaditi, confusi. Non ricordo la sagoma del suo corpo, la sua forma, ma ricordo la sua voce allegra, il suo carisma, la felicità che portava quando entrava in casa. L'accoglienza di tutti quanti noi nel riceverlo.
E ricordo che io avevo solo 6 anni.
Non ricordo più nulla.

Oggi sono una donna più o meno libera.

Più o meno libera da quei sensi di colpa che provo ogni qualvolta mio marito mi chiede di fare l'amore con lui.

più o meno libera dalle ossessioni e paure verso qualsiasi uomo che incontro per strada, che incrocia i miei occhi, che mi rivolge parola, che per caso mi tocca sul tram e nella metropolitana.

più o meno libera dagli incubi  che la notte mi gozzavano il respiro.

più o meno libera dalla besta che mi portavo dentro e che non riuscivo a cacciare via.

più o meno libera dall'odio verso di me, il mio corpo, incapacità di amare ed essere amata.


E ogni giorno lotto, combatto, stringo i denti, affinchè posso rendere quel "più o meno libera", un TOTALMENTE LIBERA.


questa storia ci è stata raccontata da una donna che ci ha permesso di trasciverla in questo blog per condividerla con tutte e tutti quanti voi.
un abbraccio affettuoso a P.

1 commento:

  1. Come poter rimanere all'oscuro di questa triste storia? come ha fatto una madre a non comprendere cosa stesse succedendo in quelle mura?

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