mercoledì 27 ottobre 2010

PERCHE' A VOLTE CI SENTIAMO IN UNA CAMPANA DI VETRO

Esther è una giovane donna normale, con una vita esemplare e piena di aspettative. Frequenta il college e sogna di scrivere poesie e diventare un giorno una scrittrice di fama, e magari trovare un uomo che la sposi e le doni la gioia di avere dei figli.

E' piena di energie, proprie di una ragazza di diciannove anni di fronte alle prime esperienze vere di vita.

Ma arriva il momento della rottura con se stessa. Il respiro si ferma, le forze vengono a mancare, la voglia di vivere vola via. Paura, paura, puara. L'aria nella campana di vetro diventa così asfissiante e viziosa che la voglia di morire incombe sempre di più.



Al primo tentativo di porre fine alla sua infelice esistenza, viene catapultata nel perverso mondo del manicomio, nei quali i malati di mente vengono spietatamente destinati alla cura elettrica, intesa quasi come una tortura, una punizione, anzichè una possibile via di liberazione dal male esistenziale.

il mondo di Esther, ovvero quello della stessa Plath, è tragicamente destinato al tentativo di annullarsi, di scomparire per sempre, perchè incapace ad accettarsi per quello che è, perchè incapace a comprendere la grandezza di un mondo che sembra non riuscire a suggerirle la dimensione nel quale poter vivere, o sopravvivere senza sentirsi soffocare.

LA CAMPANA DI VETRO di Sylvia Plath

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